CORONAVIRUS: Nuova pandemia, ricorsi storici e letterari

Il CORONAVIRUS, una malattia inizialmente scambiata come “poco più di un’influenza stagionale” che avrebbe portato alla morte SOLO anziani e persone immunodepresse (SOLO????), è diventata oggi una PANDEMIA che, partita dalla Cina, sta distruggendo il nostro Paese. La prima regione ad essere colpita è stata la Lombardia, in particolare la cittadina di Codogno.

Come si manifesta? Con sintomi tipici di una comune influenza stagionale quali raffreddore, tosse, mal di gola, febbre, per poi complicarsi con problemi respiratori che possono diventare fatali per persone con difese immunitarie basse. E a quanto pare, queste non sono le uniche a rischiare la vita, perché ci sono stati casi di persone giovani, che pur non avendo problemi di salute, sono finite in terapia intensiva e alcuni di loro non ce l’hanno fatta. Un esempio è l’operatore del 118 che, a soli 46 anni, è morto.

Non tutti all’inizio hanno capito la gravità della situazione, ma dopo la rapida diffusione del contagio nella città di Codogno si è pensato di isolarla definendola zona rossa. Il provvedimento è stato esteso a tutta la Lombardia, e molti ragazzi meridionali che studiano o lavorano in quelle zone hanno deciso di prendere treni o pullman per tornare dai propri cari. La situazione si è aggravata proprio per questo motivo. Tutta l’Italia è stata contagiata. A seguito di ciò il premier Conte ha deciso di prendere finalmente seri provvedimenti quali: chiusura delle scuole, chiusura di ogni esercizio pubblico eccetto quelli di prima necessità, sospensione di attività sportive e quarantena per tutto il Paese (definito zona rossa). Questa situazione ha scosso tutti. Ognuno ha dovuto abbandonare le proprie abitudini, cosa molto impegnativa e difficile.

Queste situazioni sono già state vissute in passato. Lo ricordano autori come Boccaccio nel Decameron e Manzoni ne  i Promessi Sposi. Boccaccio può essere collegato a ciò non solo con la descrizione della peste del 1348 che causò circa 20 milioni di vittime in Europa, ma anche grazie alla celebre frase, nonché inizio del suo capolavoro: « Umana cosa è aver compassione degli afflitti; e come che a ciascuna persona stea bene, a coloro è massimamente richiesto, li quali già hanno di conforto avuto mestiere, et hannol trovato in alcuni: fra’ quali, se alcuno mai n’ebbe bisogno, o gli fu caro, o già ne ricevette piacere, io son uno di quegli. » La compassione , come la pietà, a mio parere, è un sentimento che induce a partecipare alle sofferenze morali ma soprattutto fisiche altrui.

Altro autore da ricordare è Manzoni con i Promessi Sposi. Al centro del romanzo vi è un’epidemia devastante: la peste del 1630. Questa situazione non fa da sfondo, ma essa viene descritta come un personaggio. Manzoni spiega come la malattia, il contagio e la paura che stravolgono sia la società che i comportamenti degli uomini. 

Questi sono due degli autori più importanti che hanno raccontato le epidemie nella storia, ma ricordiamo anche lo storiografo greco Tucidide e il poeta latino Lucrezio che hanno entrambi raccontato la peste che colpì Atene nel 430-429 a.C. e che causò la morte di Pericle.

Tra i romanzi del XX secolo, non storici ma distopici, ricordiamo “La peste” di Albert Camus e Cecità di Josè Saramago. Del primo cito alcune frasi estremamente attuali: “ Durante una riunione, i medici- sfiniti- davanti a un prefetto disorientato, avevano domandato e ottenuto nuove misure per evitare il contagio, che avveniva da bocca a bocca. (…) Come al solito non se ne sapeva mai niente.(…) tra quindici giorni- disse- o un mese, voi medici non servirete più a nulla, qui. Sarete superati dagli avvenimenti. L’organizzazione del servizio sanitario è cattiva. Mancate di uomini di tempo.(…) i rumori di passi precipitati… Alcuni dei nostri concittadini, perduta la testa, si erano lasciati andare alla violenza e avevano cercato di eludere la sorveglianza degli sbarramenti per evadere dalla città”.

Di Saramago rimane l’immagine che quando arriva la peste, tutti sono cattivi.

   Il poeta paesologo Franco Arminio invece, autore che è stato spesso anche a Latronico, ha scritto un decalogo contro la paura che riporto integralmente:

1. Le passioni, quelle intime e quelle civili, aumentano le difese immunitarie. Essere entusiasti per qualcuno o per qualcosa ci difende da molte malattie.2. Leggere un libro piuttosto che andare al centro commerciale.3. Fare l’amore piuttosto che andare in pizzeria.4. Camminare in campagna o in paesi quasi vuoti.5. Capire che noi siamo immersi nell’universo e che non potremmo vivere senza le piante mentre le piante resterebbero al mondo anche senza di noi. Stare un poco di tempo lontani dai luoghi affollati può essere un’occasione per ritrovare un rapporto con la natura, a partire da quella che è in noi.6. Viaggiare nei dintorni. Il turismo è una peste molto più grande del coronavirus. È assurdo inquinare il pianeta coi voli aerei solo per il fatto che non sappiamo più stare fermi.7. Sapere che la vita commerciale non è l’unica vita possibile, esiste anche la vita lirica. La crisi economica è grave, ma assai meno della crisi teologica: perdere un’azienda è meno grave che perdere il senso del sacro.8. La vita è pericolosa, sarà sempre pericolosa, ognuno di noi può morire per un motivo qualsiasi nei prossimi dieci minuti, non esiste nessuna possibilità di non morire. 9. Lavarsi le mani molto spesso, informarsi ma senza esagerare. Sapere che abbiamo anche una brama di paura e subito si trova qualcuno che ce la vende. La nostra vocazione al consumo ora ci rende consumatori di paura. C’è il rischio che il panico diventi una forma di intrattenimento.10. Stare zitti ogni tanto, guardare più che parlare. Sapere che la cura prima che dalla medicina viene dalla forma che diamo alla nostra vita. Per sfuggire alla dittatura dell’epoca e ai suoi mali bisogna essere attenti, rapidi e leggeri, esatti e plurali.

Come possiamo notare questi autori oltre che parlare della malattia in sè cercano di esortare gli uomini al “buon senso”, cosa che non subito è stata compresa da noi cittadini italiani, a mio parere. Spero che la situazione si risolva al più presto e ciò che viene detto sui social (ad esempio le frasi e foto seguite da #iorestoacasa) non siano solo frasi di circostanza ma vengano davvero messe in atto perché la “cosa positiva” di questa malattia è che si trasmette solo mediante contatto perciò se ognuno di noi metterà in pratica tutto ciò che viene detto e ripetuto in tv ne usciremo vincitori il più presto possibile dando fine a quest’incubo.

15/03/2020

GIOIA NICOLE